Può il numero delle Soprintendenze in Italia dipendere soltanto da esigenze di contenimento del personale? E tanto più quando si tratta di una Regione come la Puglia, così importante sotto l’aspetto culturale?
Se poi ad essere lasciato sguarnito di una Soprintendenza è il Salento, terra ricchissima di beni culturali e paesaggistici e con potenzialità turistiche straordinarie, l’assurdo si trasforma in un vero e proprio danno all’intero Paese.
Il Salento è esso stesso ”patrimonio culturale”: uno degli autori di questo articolo collaborò, insieme con la collega Gabriella De Giorgi Cezzi, al Piano territoriale di coordinamento provinciale (poi approvato, e dunque pienamente vigente), la cui idea fondativa era l’immaginare tutto il Salento come un parco. Dov’è finita quell’intuizione? È ancora attuale – come speriamo – o è diventata l’ennesima, innocua e malinconicamente sgualcita tigre di carta?

Quell’idea, in tutte le sue plurime manifestazioni (di competenza di più Amministrazioni pubbliche), non può essere certo attuata a mezzo di iniziative che partono dal capoluogo di Regione. Cioè a molti, troppi chilometri di distanza rispetto ai nostri beni culturali e paesaggistici: la cui fragilità e delicatezza (oggi è di moda dire “sensibilità”) hanno spesso bisogno di interventi di tutela immediati.

Il rischio è evidente. Basta considerare le funzioni e le attività che la Soprintendenza di Lecce è stata sinora chiamata a svolgere: tutelare e valorizzare il patrimonio architettonico e paesaggistico presente nel territorio salentino; provvedere al restauro ed alla conservazione dei beni architettonici nonché promuoverne la conoscenza anche in collaborazione con altri Enti pubblici e privati.
Lo si può fare da Bari? Riteniamo di no. La salvaguardia del patrimonio culturale salentino (del Salento come parco) richiede una conoscenza molto approfondita – dunque ”da vicino” – del territorio; l’azione di vigilanza, di ispezione e soprattutto di ”pronto intervento” richiede, com’è ovvio, una presenza molto rapida sui luoghi minacciati.

Non è solo questione di buon senso. Anche il diritto (che al buon senso ogni tanto s’ispira…) dei beni culturali collega la tutela, gestione e valorizzazione dei beni culturali alla loro ”dimensione locale”.

La riforma costituzionale del 2001, in particolare, ha affidato allo Stato la “tutela” dei beni culturali, ed alla collaborazione Stato/Regioni la disciplina della loro “valorizzazione”.

Poi nel 2004 è arrivato il Codice dei beni culturali e del paesaggio, che ha distinto una componente ”statica” ed una ”dinamica” nell’ambito delle attività che hanno ad oggetto il patrimonio culturale: accanto alla tradizionale funzione di tutela (la funzione “statica”), il Codice ha disciplinato anche la valorizzazione di quel patrimonio (ecco la funzione “dinamica”), cioè l’insieme delle iniziative dirette a favorirne una maggiore conoscenza e migliori condizioni di utilizzazione da parte dei cittadini.

Questo modello contenuto nel Codice deve essere letto insieme con un’altra norma molto importante, prevista dalla Costituzione: è l’art. 118, che riguarda l’individuazione del livello territoriale ottimale dove esercitare una determinata funzione amministrativa. Secondo l’art. 118 ”le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”.

Insomma, la regola che la Costituzione saggiamente impone è quella di organizzare le funzioni amministrative anche secondo un principio di adeguatezza: l’organizzazione delle Soprintendenze deve dunque essere conformata alla realtà delle situazioni territoriali sulle quali si deve operare. E così si torna al punto (e alla domanda) di partenza. È adeguata una Soprintendenza (soltanto) a Bari al fine di assicurare la tutela del territorio salentino?
Si potrebbe rispondere ribaltando il punto di vista: sarebbe adeguata una Soprintendenza (soltanto) a Lecce per provvedere alla tutela del territorio barese?
Se – come riteniamo – la risposta è negativa, divengono subito chiare le conseguenze altrettanto negative della scelta di accentrare nel capoluogo pugliese la Soprintendenza: in breve, si sacrificano (una novità assoluta…) le esigenze di tutela del Salento.
È l’intollerabile sommatoria di tristi vicende come queste che induce tantissimi salentini a immaginare una soluzione più generale (e radicale): ci permettiamo di non ripeterla in queste brevi righe, anche perché – i lettori ci perdoneranno la presunzione – il nostro pensiero è ormai noto…

04/07/2011
di Luigi Melica e Pierluigi Portaluri
Movimento Regione Salento

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