La Regione Salento attacco all’attuale amministrazione Vendola, delirio ultrà contro Bari, macchina elettorale al servizio di inconfessati o partitici interessi?

Sentiamo giudizi di ogni genere, tutti però tesi a definire il Movimento Regione Salento in negativo, non per la sostanza e le proposte.

Ebbene, forse è il momento di rovesciare quest’ottica.

Le tre province di Taranto, Lecce e Brindisi occupano un territorio geograficamente e morfologicamente omogeneo, socialmente ed economicamente.

La Messapia e la Magna Grecia delle origini sono luminosi punti di riferimento storico e culturale.
Si influenzarono a vicenda, furono abbastanza fiere da non riuscire mai a vincersi definitivamente l’un l’altra.

Del resto, all’epoca, c’è stata forse più rivalità tra Taranto e le altre colonie greche di Lucania e Calabria.

Nel secolo scorso l’unità amministrativa della provincia di Terra d’Otranto (che rifletteva quella omogeneità di cui dicevo) fu frazionata nelle tre attuali province.

Perché?

Perché le rispettive aspirazioni e dimensioni economico-amministrative e demografiche erano diventate tali, da renderlo necessario per il miglior sviluppo del territorio.

C’era una classe dirigente locale che ambiva agli strumenti di autogoverno.

Dopo il 1945, furono ri-create le Regioni ma solo come ambiti geografici.

Fu solo nel 1970-71 che si arrivò a dare loro poteri e organi autonomi; e fu allora che la Regione Salento, pur chiesta e prevista, naufragò per un gioco complesso di imboscate nell’Assemblea Costituente e di rivalità territoriali anche tra le tre province.

Si fecero anche allora dei referendum attorno a svariati progetti.

Nel corso degli anni, l’autonomia degli enti–Regione è cresciuta, sono arrivati i fondi europei (talvolta male o poco impiegati).

Nel frattempo le forze economiche più influenti e determinanti dell’intera Puglia non potevano che confrontarsi con la Regione esistente, e così pure con le forze politiche di quel livello: sono nati inevitabili quanto ovvii snodi e agganci di potere e di interesse.

Fino a poco tempo fa, l’accentramento o meglio ancora lo stanziamento a Bari di tutte le “forze e progetti che contano” sembrava irremovibile.

Negli ultimi anni però, nonostante gli ostacoli (casuali o voluti) di cui ci lamentiamo, le tre province del Sud-Puglia hanno conosciuto uno sviluppo incalzante ed esaltante, che ha fatto crescere nei cittadini – rispetto al precedente malcontento negativo per il preteso baricentrismo – una coscienza positiva, una voglia di fare e di crescere ulteriormente.

In ogni famiglia i figli nascono, crescono, si emancipano e camminano con le proprie forze, dando vita a nuovi organismi familiari. Non diversamente, come abbiamo visto, accade per le aggregazioni umane più vaste.

Così sta accadendo per le tre province pugliesi: e il nostro Movimento intende infatti non tanto dividerle – in negativo – dalla Puglia, quanto piuttosto unirle – in positivo – tra loro a livello amministrativo e strutturale, come oggi non sono.

Oggi esse devono attraversare una doppia frontiera: interna e nazionale.

Devono prima essere portate a Bari, poi accolte dalla Regione Puglia con le mutevoli fortune e alleanze del momento, poi essere portate a livello nazionale a livello – tra l’altro – di Conferenza Stato-Regioni e Conferenza Unificata.

E non ci occupiamo del livello europeo, visto che le Regioni hanno ormai anche lì i loro uffici.

Ecco perché le aspirazioni, le richieste e le esigenze delle tre province vanno naturalmente verso un organismo regionale che le interpreti e le favorisca con pieno e diretto diritto di rappresentanza.

La situazione è matura per curare in proprio e incrementare ulteriormente il nostro sviluppo, anche per un altro motivo.

Il federalismo incombente prevede la soppressione del Senato (fine del bicameralismo perfetto) e l’istituzione della Camera delle Autonomie, dove siederanno le Regioni con rappresentanti (dicono i vari progetti) non eletti dal popolo, ma nominati dai Consigli Regionali.

Ebbene, noi crediamo che viste le dimensioni e le necessità del nostro sviluppo, le tre province debbano essere presenti con una propria Regione e quindi propri rappresentanti anche a livello nazionale.

Fino a ieri il dibattito sulla Regione Salento restava episodico e frammentario, una pittoresca e bizzarra pretesa.

Il dibattito continuativo e approfondito che è partito da Tele Rama e che è approdato anche sulla carta stampata sta facendo emergere argomenti, situazioni, dati e progetti finora nel limbo.

Passare dal dibattito all’organizzazione è un passo necessario quanto complesso, che sta muovendo i suoi primi passi come ha dimostrato l’incontro di ieri a Lecce cui seguiranno quelli nelle altre province.

Speriamo che, contrariamente agli inviti di qualcuno, non si tenti di fermare la proposta referendaria nelle stanze degli amministratori comunali, evitando persino di mettere all’ordine del giorno l’argomento. I cittadini devono poter esprimersi con quello che è l’unico referendum propositivo della nostra legislazione, nel senso che propone di istituire, non di abrogare.

Le tre province sono mature per diventare Regione soprattutto perché sono cresciute, perché sentono il bisogno di autogovernarsi e di curare in prima persona il loro sviluppo, di muovere i loro passi sedendo direttamente nei consessi e negli organismi nazionali e internazionali.

Lo sentono i cittadini; non possono non dar loro ascolto le forze politiche e sociali, i rappresentanti elettivi negli enti locali, i parlamentari, gli uomini di governo.

Nuovo Quotidiano di Puglia 12/09/2010
di Giovanni Rizzo
Coordinatore Cittadino di Lecce
Movimento Regione Salento

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