LA REGIONE SALENTO VISTA DA DESTRA.
• Alla fine degli anni Sessanta, quando furono istituite le Regioni, il Movimento Sociale Italiano condusse una dura campagna politica contro la paventata frammentazione dello Stato. A parere del Msi, le Regioni avrebbero allontanato il cittadino da Roma e, anziché agevolare la partecipazione della gente, si sarebbero frapposte fra lo Stato e la Comunità. Inoltre, sostenevano i missini, le Regioni si sarebbero trasformate in apparati burocratici che sarebbero vissuti con il fine dell’autoconservazione, piuttosto che per lo sviluppo del territorio.
• Anche se sintetizzata in poche righe, quella posizione del Msi rispecchia ancora oggi una faccia della realtà delle Regioni italiane, specie quelle del Meridione, realtà a cui non sfugge la Puglia.
• Parlare male della burocrazia regionale pugliese è fin troppo facile, anche se si è consapevoli che, generalizzando, non si rende giustizia a quanti -non sono pochi, ma nemmeno tanti- si dedicano al proprio lavoro con senso di responsabilità. L’apparato di via Capruzzi con i lunghi tempi di attesa, con le alchimie tecnico-amministrative ha ormai soffocato l’esperienza di una unica Regione per quattro milioni di abitanti. Più di quattrocento chilometri di distanza, fra andata e ritorno, separano gli amministratori ed i cittadini di un paese del Sud Salento da Bari e spesso “andare a Bari” è il modo più veloce per risolvere un problema del proprio territorio.
• Il colloquio con un funzionario regionale, infatti, si rivela ancora come il mezzo più idoneo per superare quegli ostacoli burocratici che a volte sembrano creati apposta per aumentare le difficoltà e per rendere incomprensibili i propri diritti. La soluzione a tanti problemi difficilmente potrebbe venire dalla semplice modernizzazione della Regione Puglia: testi unici, delegifecazione, snellimento delle procedure burocratiche sono obiettivi perseguibili che migliorerebbero la qualità della Pubblica Amministrazione, ma non risolverebbero la complessità dei problemi che sono strutturali alla diversificazione delle “Puglie”.
• Negli atti della Regione Puglia spesso si fa riferimento ad aree geografiche distinte; il flusso dei finanziamenti della Comunità Europea, a partire dai Programmi Operativi Plurifondo, è stato indirizzato verso le tre aree: Capitanata, Barese e Jonico-Salentina.
• Lo stesso, solo per continuare a fare qualche esempio, fu fatto per la individuazione del Sistema Idrico Integrato.
• Ne discende che una struttura più snella, più vicina al territorio saprebbe rispondere meglio alle esigenze e ai bisogni dei cittadini.
• Oggi che al centro dell’agenda politica c’è l’attuazione del Federalismo, che si manifesta in un ampliamento dei poteri e delle funzioni degli Enti locali, Regioni in primis, non è inopportuno riscoprire le ragioni storiche, politiche e culturali che rendono attuale la nascita della Regione Salento.
• L’antica provincia di Terra d’Otranto comprendeva i territori di Lecce, Brindisi e Taranto: la stessa area territoriale indicata per l’istituzione della Regione Salento; una Regione che non dovrebbe nascere ex novo, ma che trarrebbe forza da una certa continuità storico territoriale.
• La “grande provincia” di Terra d’ Otranto, con Lecce capoluogo, fu scomposta durante il periodo fascista, che istituì nel 1923 e nel 1927 le province di Taranto prima e di Brindisi, dopo.
• Ma non si tratta solo di riprendere i confini che appartenevano alla nostra terra fin dal Regno delle Due Sicilie. C’è anche una identità politica che fino a venti anni fa si manifestava, per l’elezione dei Deputati, nella circoscrizione di Lecce-Brindisi-Taranto.
• C’è, infine, una salentinità culturale che, secondo Donato Valli, “è il complesso di tutte quelle attività in cui si manifesta in maniera originale e tipica il modo di essere, di pensare, di vivere di quella parte della Puglia che coincide con l’antica Terra d’Otranto”.
03/09/2010
di Roberto Tundo
Componente del coordinamento regionale del Popolo della Libertà