Intervista al Quotidiano, oggi Sabato 20 Giugno 2020

1 Perché non è decollato il progetto del Grande Salento? Le colpe sono da addebitare all’incapacità del territorio di fare rete, alla classe dirigente, alla politica, ovvero alla subalternità dei politici locali rispetto ai leader nazionali, oppure è un progetto che è non sentito dai cittadini delle tre province?

“L’idea Grande Salento è buona per omogeneizzare il territorio, per integrare le tre province e far sentire tutti figli della stessa terra, ed è un percorso in cui poter ritrovare l’unità ma a noi serve altro. Noi abbiamo bisogno di una cabina di regia che abbia potere, risorse economiche, autorità e competenze per uscire fuori dal circolo vizioso dell’isolamento e del bari-centrismo che ha ridotto il Salento nella Cenerentola d’Italia, e dunque c’è bisogno che il Salento diventi Regione.
E questa non è utopia ma è realtà: il Molise nel 1963 diventò regione con una facilità estrema. Basta che tutte le parti politiche trovino un accordo e scrivano una paginetta di legge costituzionale. In alternativa c’è il riordino territoriale, un progetto che portiamo avanti da tanti anni, scritto dalla Società Geografica Italiana che mettere in equilibrio l’intero territorio nazionale cancellando sprechi, privilegi ed enti inutili comprese le attuali Regioni e totalmente le Province per ridisegnare tutto in 31 dipartimenti o regioni in cui il Salento riavrebbe la sua identità. Ed in Parlamento c’è già la legge pronta”.

2 Ci sono poi il nodo dei collegamenti e l’esigenza di avvicinare il Salento al resto d’Italia. Questo territorio è spesso rimasto periferico, nonostante alcuni progressi sui collegamenti aerei e ferroviari. Ma a fronte di piccoli passi avanti, altrove hanno invece fatto passi da gigante. Il gap quindi rimane. Come si può colmare?

“Sinceramente non riesco a vedere piccoli passi e questo non accadrà fino a quando non si riuscirà a capire che l’Italia sul versante Est inizia a Santa Maria di Leuca e non termina a Bari.
Per colmare questo gap ci vuole un piano dei trasporti che preveda nuove infrastrutture: ad iniziare da una urgente sistemazione e messa in sicurezza di tutte le strade, poi la SS 275 Maglie – Leuca, la 4 corsie Lecce -Taranto, la Strada dei due mari Otranto – Gallipoli, la realizzazione della metropolitana di superficie delle ferrovie sud- est, Aeroporto del Salento da rivalutare, il treno Frecciarossa, l’alta velocità / alta capacità fino a Lecce che purtroppo si fermerà a Bari, e poi porti e porticcioli. Questo solo per dare l’idea nel settore delle infrastrutture ma vale anche per tutti gli altri settori come Sanità, Agricoltura , Cultura, Formazione Etc Etc . Ecco perché abbiamo bisogno di un ente primario di prossimità, di una cabina di regia per diventare fabbri del nostro destino”.

3 Che cosa potrebbe dare l’Università del Salento, che nonostante il nome è rimasta l’università di Lecce, al progetto e alle tre province?

“L’Università del Salento è stato una straordinaria intuizione.
Il Rettore Limone è stato un visionario, perché aveva già messo le radici in questo progetto che doveva riguardare le tre province, le gestioni successive sono state filo baresi, ed il problema sono sempre i poteri. Adesso le cose cambieranno con il Rettore Pollice che è un importante studioso ed ha già lanciato ponti con Brindisi e Taranto.
Il rettore membro della Società Geografica Italiana partecipò anche alla stesura del Progetto per il Riordino Territoriale come referente del Salento. Sono certo che l’Università del Salento diventerà il fiore all’occhiello del nostro territorio ma bisogna coglierne l’importanza strategica, farla diventare forte e importante, competitiva a tutti i livelli, con le facoltà giuste che valorizzino il territorio in modo che diventi un faro per l’intero Mediterraneo, il cuore pulsante della cultura regionale senza essere subalterna ad altre. E dunque potenziarla per farla uscire dalla dimensione leccese. E gira che ti rigira finiamo sempre lì, alla Regione Salento ”.

 

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