Il Commissario per la spending review Cottarelli, dicono le cronache, dovrà preparare un “programma di razionalizzazione” per le società controllate dagli enti locali. Logica vorrebbe che si cogliesse l’occasione per porre questa operazione in relazione con il riordino territoriale amministrativo che si renderà necessario dopo l’approvazione della legge Delrio (abolizione, in prospettiva, delle province). Questa legge auspica la fusione dei comuni in termini demografici più piccoli e inoltre il formarsi fra i Comuni di maggiori dimensione di Unioni di Comuni. Ma lo fa solo in una logica di risparmio poiché in questo modo alcune amministrazioni comunali sparirebbero e altre potrebbero esercitare congiuntamente, e quindi anche in modo più economico, alcune funzioni. Ma perché non fare qualcosa che riduca complessivamente la spesa pubblica ma ponga anche le premesse per conseguire nel tempo risparmi sempre più pronunciati e funzionalità? In altri termini perché non affermare il criterio che tutto quello che è possibile e opportuno gestire a livello intercomunale debba essere fatto facendo in modo che queste funzioni siano sempre riferite ad aggregazioni di Comuni? Parchè non rendere obbligatorio per tutti i Comuni entrare a far parte di una di queste nuove amministrazioni semplificate e semplificatrici del fare pubblico?

Proprio nel ministero per gli Affari Regioni e per le Autonomie (nel governo Letta il ministro era proprio Delrio) fu preso in esame e giudicato di particolare interesse un accurato studio della Società Geografica Italiana (Sgi) di riorganizzazione del territorio in aggregazioni di Comuni (denominate distretti) socioeconomicamente omogenei. Se ne indicavano le perimetrazioni ma intendendole sempre ottimizzabili con gli aggiustamenti eventualmente proposti dai Comuni interessati. Ogni Comune farebbe così parte di una Città Metropolitana o di un distretto. Sarebbe allora molto semplice riferire ogni società e ogni altra struttura intercomunale per qualche verso connesse al pubblico amministrare ad una o più di queste entità territoriali e conseguentemente amministrative. Così si raggiungerebbe l’agognato risparmio ma anche funzionalità perché conseguentemente i rapporti intercomunali o interdistrettuali sarebbero più scorrevoli perché si svolgerebbero fra amministratori pubblici che, anche se di Comuni diversi, sarebbero abituati a interloquire fra loro. Si uscirebbe cioè, dalla attuale situazione in cui ogni Comune si rapporta con Comuni diversi a seconda della funzione da gestire a livello intercomunale.

Anche le perimetrazioni regionali potrebbero così acquisire maggiore logica. Nel progetto Sgi infatti il Molise meridionale e il materano si legherebbero alla Puglia. La Sgi, peraltro, ipotizza anche un diverso assetto delle Regioni tendente a tenerle a più stretto contatto con il territorio amministrato. Ma questo è altro discorso. Per ora già costituirebbe un bel passo in avanti che i Comuni fossero tutti obbligati ad aggregarsi in simili insiemi ciascuno dei quali avrebbe almeno 120/150.000 abitanti.

telesforo.ba@libero.it

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