Nel gergo dei giuristi inglesi ed americani si chiama disclosure: un dovere di correttezza impone di riconoscere l’esistenza di rapporti non immediatamente percepibili fra le parti di un determinato affare.
Qui è un po’ così.
Marida Dentamaro – che ieri ha scritto su questo giornale un bellissimo pezzo contrario alla Regione Salento – è, per quei pochi che non lo sapessero, una colta e raffinata docente di Diritto amministrativo nell’Università di Bari. Da lei e dal comune Maestro di un tempo – il compianto Enrico Dalfino – ho appreso le basi della disciplina che oggi ho l’onore d’insegnare nell’Ateneo salentino.
Marida (giovanissima ricercatrice) a lezione ci spiegava perché e come ogni Ente pubblico – come le Regioni, le Province, le USL etc. – abbia sempre un disegno organizzativo. Serve per svolgere la rispettiva funzione nel modo migliore. Ma non era – Marida ci avvertiva subito – qualcosa di immutabile nel tempo: un assetto che poteva andar bene in un certo periodo ed in un determinato contesto socio-economico, poteva dopo rivelarsi del tutto inadeguato.
Quando “qualcuno” degli studenti chiese (lo ricordo benissimo…) come si faceva a comprendere quando un determinato disegno organizzativo era appunto divenuto inadeguato, Marida rispose lapidariamente: lo si capisce dai risultati, cioè dall ’insoddisfazione della gente!
Quell’episodio mi è tornato in mente quando l’avventurata vicenda della Regione Salento è iniziata, e ha acceso subito le passioni di tante persone, favorevoli o contrarie al progetto.
Non poteva essere un caso. Su questa iniziativa – c’era da aspettarselo – si sono scaricate le aspettative di tutti gli insoddisfatti dell’attuale disegno organizzativo costituzionale, che vede un lungo e disomogeneo territorio dell’Italia meridionale ricompreso in un’unica Regione.
L’idea di modificare questa situazione è sembrata allora a molti la prima cosa da farsi, riorganizzando il territorio pugliese in due aree politico-amministrative, la Regione Puglia e la Regione Salento.
Certo, non è come modificare l’organizzazione sul territorio delle USL, che in qualche lustro nella sola Provincia di Lecce sono passate ad essere da tredici a due ed ora ad una. Qui vengono in ballo questioni più grosse: i ceppi linguistici (Marida ieri li ha ricordati), le relazioni preferenziali sul piano socio-economico e culturale e così via. Tutto quello, insomma, che – come diceva Isaiah Berlin – fa di un tedesco un tedesco, di un italiano un italiano, etc..
Se proviamo però a raffreddare solo un po’ l’aspetto identitario, possiamo dare più spazio al ragionamento. E fare una serie di considerazioni «laiche». Si parte sempre da lì, dal contrasto dolente fra la decisione astratta che fu presa in sede costituente (no alla Regione Salento) e le dure, concretissime repliche della Storia: che ancora oggi si chiamano, da noi, isolamento per arretratezza delle infrastrutture.
Quando dovevo raggiungere Bari per assistere alle lezioni di Enrico e Marida, avevo davanti a me una scelta: o il sedicente «rapido» che riusciva a portarmi a destinazione in meno di tre ore (un record, davvero …); oppure fare il coraggioso: prendere la macchina e sfidare la sorte, telefonando a casa appena arrivato incolume in Facoltà dopo cento chilometri a corsia praticamente unica. Ora va un po’ meglio in assoluto (era difficile peggiorare…), ma il gap con Bari, pronta all’alta velocità, sembra essere invariato o aumentato.
Conosco l’obiezione: l’istituzione della Regione Salento porrebbe rimedio a questa situazione generale?
Il tempo dei millenarismi e delle attese messianiche è finito, e nessuno dispone di rimedi portentosi.
Ma un moderno ripensamento di quel disegno organizzativo a me pare foriero di benefici. Non si tratta di scimmiottare rudezze leghistiche, anzi l’esatto contrario! Nessuna risibile voglia di secessione, ma invece di “spirito di frontiera”: riagganciare e consolidare, cioè, le traiettorie di sviluppo pugliesi e italiane, dalle quali il Salento è rimasto per molto tempo emarginato.
Non ha molta rilevanza, quindi, la quota parte di risorse che la Regione Puglia ha destinato ai privati residenti nelle Province di Brindisi, Lecce e Taranto. Conta molto di più, invece, l’entità delle risorse che la Regione ha destinato alla realizzazione di opere pubbliche strategiche in queste nostre tre Province.
Non più lontani, insomma, ma più vicini, e in minor tempo. Non una macchina-Regione Puglia con ruote che la impacciano girando a velocità differenti, ma due realtà regionali forti, fra loro ben collegate e coese, accomunate da tante e tante identità comuni.
Marida parlava ieri di alleanze per competere. Spero tanto che il suo auspicio si verifichi. Ci ritroveremo, ancora una volta, a lottare insieme.
Nuovo Quotidiano di Puglia 20/11/2010
di Pierluigi Portaluri