Sono trascorsi poco più di due mesi dal 21 giugno, data in cui il Nuovo Quotidiano di Puglia ospitò un mio intervento dal titolo “Giusto puntare sulla regione del Salento”. Eppure sembra che siano passati 20 anni per come il dibattito sia andato avanti, raccogliendo l’adesione di tantissimi cittadini, interessando larghissimi strati della pubblica opinione che ha colto la centralità del problema di una “questione salentina”.
La salentinità non può continuare ad essere solo un sentimento forte, ma si deve tradurre in qualcosa di concreto, serio e sentito. Ci siamo arrivati in maniera graduale. Ma soprattutto, ci tengo a dirlo, non ci sono arrivato da solo. Le sollecitazioni sono arrivate dalla gente, a più riprese. Migliaia di persone di ogni tipo e colore politico, con in prima fila centinaia di colleghi imprenditori, che credono nel sogno di un risveglio delle coscienze. Un risveglio che consiste nella partecipazione, nell’inforcare in prima persona gli strumenti da lavoro e battere il ferro per plasmarlo, rovesciando i tanti tavoli convocati per scaldare sedie, senza mai scaldare i cuori.
Io lo dico con orgoglio: ho un entusiasmo che mi attraversa da ogni parte, ed è merito di tutti coloro i quali me lo stanno trasferendo. A mia memoria, non ricordo una fase di dibattito così sentita e disinteressata. Si è avviata una vera fase riformista. Una nuova era in cui si vuole rovesciare come un calzino il conservatorismo, lo status quo, ed urlare: “io ci sono, e voglio sporcarmi le mani per essere fabbro del mio destino”. Siamo tutti in laboratorio con una consapevolezza: dobbiamo trovare la terapia d’urto perché il malato c’è, ma ha ancora voglia di combattere per poter vivere da protagonista: il Salento non può soffrire. Deve ritrovare il vigore per prendersi il protagonismo che ci spetta di diritto.
Ho letto con interesse l’editoriale con cui il direttore Scamardella interviene nel dibattito, registrando la mobilitazione avvenuta intorno al Movimento. Ai nostri interventi ne sono seguiti tanti altri, da parte di opinionisti ed esponenti del mondo politico. Fra favorevoli e contrari, con tutti i distinguo e i diversi accenti posti, un dato è positivo ed inequivocabile: il movimento e l’idea dimostrano una certificata trasversalità e distanza da interessi politici. Perché si tratta di un’inedita trasversalità anche interna agli stessi partiti. Per noi questo è un grande risultato. Perché certifica che la questione è forte e sentita.
Non ci sentiamo affatto soli, perché coinvolgeremo i cittadini in questa battaglia. A fare resistenza ci sono alcune posizioni consolidate sia sotto il profilo economico che sotto il profilo politico.
E’ dunque il momento di rispondere a qualche considerazione.
1) Paolo Pagliaro ha ambizioni personali, vuol farsi “pubblicità”.
Se avessi ambizioni personali, se volessi farmi pubblicità, come se fossi un prodotto in vendita, potrei seguire mille altre strade. Sarebbero tutte meno impervie. Chi mi conosce bene, chi mi ama, chi mi è Amico, mi dice: “chi te lo fa fare? Ti metti contro tanti poteri forti”. Ho ricevuto troppi stimoli, e questi stimoli, per la prima volta, mi hanno acceso un’emozione forte. Me ne vanto. Questo deve essere chiaro. Ma dal punto di vista personale non ho nulla da guadagnare. Ho scoperto, giorno dopo giorno, che esiste un nuovo modo di essere felici: sognare ad occhi aperti un futuro migliore, combattere per ciò che si ama. Sono dieci anni che sono costretto ad ascoltare frasi del tipo: “Pagliaro si vuole candidare”. Non mi fermo certo davanti a queste illazioni, ma una risposta, forte e chiara la voglio dare: Non ci penso proprio. E poi, chi candiderebbe uno che vuole nuotare controcorrente a rischio che gli scoppi il cuore? Con questa premessa voglio rivolgere un appello ai colleghi editori: i media trattino questo tema senza pregiudizi.
2) “Regione Salento, idea leghista”.
Non ci appartiene dal punto di vista del linguaggio nessun “ismo”.
Abbiamo sposato un approccio pacato e razionale. Non condividiamo l’approccio politico della Lega Nord: siamo orgogliosamente ITALIANI, conosciamo ed apprezziamo il nostro inno nazionale, Roma è la nostra Capitale. Siamo per l’ Unità Nazionale. Non ci appartiene la cultura della secessione. Anzi, vogliamo costruire un dialogo più forte e diretto col Governo e con l’Europa. Ma soprattutto non riteniamo che altri territori rappresentino una zavorra per lo sviluppo complessivo del Paese. Seguendo lo schema di questo attacco demagogico, ogni Regione sarebbe, per definizione, leghista. I muri, le barriere, sono strumenti che stanno alzando i conservatori, non certo noi. Perché il loro intento è diverso: vogliono l’autoconservazione della casta. Forse stiamo sfilando il guanciale a chi vuol riposare comodo sugli allori. Gli allori si conferivano nell’antica Grecia in seguito a dei successi. Non ne vedo molti, di successi.
3) la Regione Salento è “superata dagli eventi”.
Per noi il tema è attuale perché la prospettiva di sviluppo degli ultimi decenni non ha fornito al territorio le infrastrutture per fruire delle opportunità che il Mediterraneo e l’est Europa offrono. E dunque se la nostra proposta è “vecchia”, la politica degli ultimi quarant’anni è inerte, immobile, paradossale, priva di orgoglio, a-prospettica. Se gli investimenti dedicati al porto di Bari, all’aeroporto di Bari e alla rete viaria e ferroviaria di Bari fossero stati equamente distribuiti nel resto delle Puglie oggi il tema non si porrebbe. L’Alta Velocità ferroviaria si fermerebbe a Bari. Non esiste una strada degna di questo nome che colleghi Lecce a Taranto. E potrei continuare all’infinito. La Regione Salento è dunque visione del futuro ed al tempo stesso elemento di rivendicazione. Soprattutto perché l’occasione dei Fondi Strutturali, del Piano per il Sud e dei Fondi Europei è davvero l’ultima chance. Una chance che non può sopportare una gestione Baricentrica. Una chance che non può essere gestita nel solco di un trend che vede il 70% delle risorse investite in terra di Bari e il restante 30% al resto delle Puglie.
4) Meglio una “macro-provincia” o una “provincia autonoma” che una Regione Salento.
Per noi la provincia autonoma sarebbe una soluzione insufficiente. Anche qualora dovesse essere realizzabile. Perché a questa obiezione bisogna innanzitutto rispondere ricordando che una provincia autonoma necessità a monte di una Regione a Statuto Speciale. Argomento complessivamente superato dal federalismo. Sono (e presto lo saranno ancor di più) le Regioni ad avere poteri e risorse. La Regione Salento è l’unica risposta efficiente e coraggiosa per colmare il nostro gap. Del resto lo scarso potere delle Province costituisce il motivo degli esigui risultati conseguiti dal cosiddetto Grande Salento. E questo dato ad aver spinto i Presidente Gabellone, Ferrarese e Florido a sostenere questa battaglia.
5) Con la Regione Salento aumenterebbero i costi della politica
Siamo fermamente convinti che una Regione che nasca in questo particolare momento storico, avrà, a differenza di quelle nate nel contesto degli anni ’70, un modello gestionale della spesa corrente virtuoso, a partire dal suo Statuto. Un modello che, se ben gestito, sarà probabilmente preso a modello da altre regioni d’Italia. Il contenimento della spesa e la riduzione degli sprechi saranno nel dna della Regione Salento. E’ lontana anni luce dalle nostre intenzioni l’idea di dar vita ad un “carrozzone amministrativo”. Vogliamo piuttosto un ente efficiente e responsabile, prossimo al cittadino geograficamente e politicamente. Chi conosce questo territorio, solo per fare un esempio, avrebbe mai autorizzato interminabili (oscene) distese di pannelli fotovoltaici e pale eoliche nelle nostre campagne? Ad incidere in maniera determinante (per circa il 50%) sugli stipendi dei consiglieri regionali salentini sono le trasferte a Bari. Così come questi costi incidono per le trasferte di funzionari, dirigenti e dipendenti. Per non parlare dei costi indiretti che i cittadini e gli amministratori locali del Salento sono costretti ad affrontare per recarsi a Bari al fine di perfezionare i più svariati iter amministrativi. Le sedi e gli uffici esistono già. Come già ci sono i dipendenti regionali. Si tratta di far concentrare i loro sforzi su un territorio verso il quale, sino a questo momento, le linee strategiche politiche non hanno voluto dedicare attenzione. La Regione Salento sarà un laboratorio virtuoso, affidato ad una classe dirigente giovane che si vuole autodeterminare. Sarà uno slancio verso una politica davvero nuova. Stiamo già studiando progetti di natura economica che saranno presentati in occasione degli Stati Generali, la prima riunione ufficiale del Movimento. Un economista intelligente e preparato come il barese Federico Pirro certifica che il Pil delle Province di Lecce, Brindisi e Taranto è superiore a quello di Bari. Questa è un’occasione da cogliere fino in fondo nell’ottica del Federalismo Fiscale.
6) La “Regione Salento” sarebbe piccola.
In realtà, conti alla mano, sarebbe l’undicesima regione d’Italia su ventuno per numero di abitanti, 1.800.000, ovvero più di Sardegna, Liguria, Marche, Abruzzo, Friuli, Trentino, Umbria, Basilicata, Molise, Valle d’Aosta. Ma colgo l’occasione per rispondere anche a chi dice che il nostro sarebbe un Movimento “di pochi”: li invito a visitare il sito “pompefotovoltaiche.com” per avere contezza della quantità e della qualità delle adesioni.
7) La scelta del capoluogo procurerà delle frizioni
Io penso che sarà il buonsenso a determinare la scelta. Ho delle idee su questo punto ma ci sono mille ragioni per rimandare questa discussione a dopo il raggiungimento del più importante e prioritario obiettivo che è la istituzione della nuova Regione.
Potrebbe essere questa una difficoltà. Ci potrebbero essere altre difficoltà. D’accordo. Ma davanti alle difficoltà non ci si deve fermare. Non vi è progresso senza sacrificio.
8) La Regione Salento “non si può fare”, è un percorso lungo e difficile
Credo che sia necessario superare l’indifferenza, l’apatia, quel “nonsipuotismo”, quella convinzione che non si può fare, che ha spesso nuociuto alla crescita del nostro territorio e ne ha impedito il progresso.
Serve un grande impegno, un mix di fosforo e olio di gomito. Con queste premesse i risultati, anche quelli più ambiziosi e tortuosi, si ottengono.
Il Movimento Regione Salento – Comitato Promotore del Referendum per il Si, che vuole essere trasversale, equidistante ed indipendente dai partiti, ambisce a rappresentare il volere dei cittadini. Saranno loro a decidere, ed i nostri pareri servono solo ad alimentare il dibattito. Il referendum è il più alto elemento della democrazia italiana. Rileggiamo l’articolo 132, titolo V, della Costituzione. Chi non lo vuole è anti-democratico, e vuole attuare la vera secessione: quella fra potenti e semplici cittadini.
I Sindaci hanno dimostrato questa grande sensibilità, e la quasi totalità dei 146 Sindaci dei Comuni del leccese, del brindisino e del tarantino si sono espressi a favore del Referendum. Ed anche i leader pugliesi degli schieramenti, che hanno partecipato al dibattito, sono certo che vorranno affidare ai cittadini l’ultima parola. Senza veti. Il primo obiettivo lo abbiamo raggiunto: è quella società civile, tanto corteggiata in campagna elettorale quanto scaricata a cose fatte, ad essere finalmente protagonista del dibattito Politico. Senza paura.
Paolo Pagliaro
Presidente Movimento “Regione Salento – Comitato promotore del Referendum per il Sì alla istituzione della Regione Salento”.
Nuovo Quotidiano di Puglia 06/09/2010
di Paolo Pagliaro