Il recentissimo DDL costituzionale licenziato dal Governo ed avente come oggetto l’abolizione delle Province deve imporre alcune riflessioni.
La prima è che è davvero possibile che questa riforma si faccia. L’obiettivo della riduzione delle spese nei conti pubblici sembra finalmente aver dato il là ad una riforma dell’ordinamento delle autonomie locali che solo fino a qualche mese fa sembrava impensabile.
La seconda è che così come è stata impostata, questa riforma non porterà a nulla di buono.
Gli effetti dirompenti e benefici che l’abolizione delle provincie potrebbe comportare saranno cancellati e anzi potrebbero essere addirittura nefasti, se al loro posto verranno istituite non meglio definite «forme associative fra i Comuni» che sarà cura delle Regioni organizzare con proprie funzioni e propri organi elettivi.
Vale a dire: le Regioni assorbiranno le competenze delle province e avranno il compito di creare delle aggregazioni di comuni che ne prenderanno il posto e alle quali dovranno ritrasferire le funzioni e le competenze che avranno assorbito stabilendo nel contempo le modalità e gli organi – elettivi – con cui le stesse dovranno essere rette.
Sembra che tutto debba cambiare perché non cambi nulla, o cambi addirittura in peggio.
Se un pregio c’è in questa riforma annunciata è che si è finalmente compreso da una parte che trasformare radicalmente l’assetto organizzativo dello Stato non è più un tabù e dall’altra che le Regioni, come oggi le conosciamo, da sole non bastano a governare il territorio, che è necessario comunque che il territorio sia governato da enti di prossimità che riescano a essere più vicini ai suoi interessi e alle sue esigenze.
Il Movimento Regione Salento ha da tempo offerto una soluzione, indicato un percorso, tracciato una strada: aboliamo le province; garantiamo un governo di prossimità non creando un loro surrogato pasticciato, ma istituendo regioni di dimensione ottimale in grado di garantire una governance adeguata al loro territorio. E’ questa la riforma che consentirebbe di cambiare veramente le cose e non di far finta di cambiarle perché rimanga tutto com’è. E’ questa la strada di un cambiamento vero, rispetto alla quale è necessario aprire oggi un confronto senza pregiudiziali ideologiche o di parte. Perché il tempo dei gattopardi è finito. I cittadini alla politica chiedono risposte, chiedono efficienza, chiedono di risolvere i problemi, chiedono di spendere meno e meglio. Una nuova stagione del regionalismo è possibile, di un regionalismo virtuoso, che metta fine ai privilegi della casta e si ponga come unico obiettivo il benessere dei cittadini, la qualità della vita e la sobrietà nella gestione dei soldi pubblici. Se non ora quando?
12/09/2011
di Paolo Maci
Segretario Politico organizzativo
Movimento Regione Salento