La sentenza della Corte costituzionale n.278/2011 ha di fatto deciso che in Italia non si possono tenere referendum consultivi per l’istituzione di nuove Regioni.

Fermo restando il rispetto che ogni giurista deve all’istituzione Corte costituzionale, questa sentenza è priva delle necessarie basi giuridiche, è letteralmente sbagliata in quanto tradisce il testo della Costituzione ed è anche politicamente inconcepibile nella parte in cui fa trasparire che si debba tenere conto di presunte “nuove o maggiori spese per la cui copertura potrebbero determinarsi effetti anche sulla popolazione non soggetta alla modifica”. Non tiene conto, infine, della volontà del legislatore Costituente che aveva spiegato bene che le popolazioni interessate non possono che essere quelle che intendono promuovere il distacco.

Ripercorriamo per i lettori non esperti di diritto i passaggi salienti della questione.

1.- L’art. 132, co. 1, Cost. stabilisce che “si può, con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione di abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse”.

2. L’art. 42, co. 2 e 3, della legge n. 352 del 1970 afferma che “la richiesta del referendum per il distacco, da una regione, di una o più province ovvero di uno o più comuni, se diretta alla creazione di una regione a se stante, deve essere corredata delle deliberazioni, identiche nell’oggetto, rispettivamente dei consigli provinciali e dei consigli comunali delle province e dei comuni di cui si propone il distacco, nonché di tanti consigli provinciali o di tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della restante popolazione della regione dalla quale è proposto il distacco delle province o comuni predetti.

3. Anche un lettore non esperto di diritto, nel leggere prima la Costituzione e poi la legge è in grado di rilevare che la legge è in contrasto con la Costituzione. Quest’ultima, infatti, statuisce che la richiesta di referendum deve provenire da “tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate”; al contrario la legge del 1970 afferma invece che la stessa può provenire:
– da tutti i consigli provinciali di cui si propone il distacco;
– da tutti i consigli comunali delle province e dei comuni di cui si propone il distacco;
– da tanti consigli provinciali, o da tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della restante popolazione della regione dalla quale è proposto il distacco delle province o comuni predetti.

4. Noi del Movimento/Cantiere Regione Salento ritenevamo che, nonostante l’art. 132 Cost. fosse chiaro, intellegibile e specifico in tutte le sue statuizioni, la legge n.370 – più che diversamente interpretare il Testo costituzionale – aveva aggiunto dei veri e propri presupposti non presenti nella Costituzione – tutti i consigli provinciali di cui si propone il distacco e tanti consigli provinciali o tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della restante popolazione della Regione dalla quale è proposto il distacco delle province o comuni predetti -. Non solo, ma nel prevedere che il referendum si debba tenere su tutto il territorio della Regione oggetto di distacco e non solo su quella porzione di territorio che si vuole distaccare, la legge aveva ulteriormente violato l’art.132 della Costituzione.

5. Sostenevamo, quindi, che il legislatore del 1970, avesse reso di fatto inapplicabile la norma costituzionale.

6. Queste considerazioni, hanno trovato riscontro, rispettivamente, negli Atti dell’Assemblea costituente dove i redattori della Costituzione avevano chiaramente spiegato le ragioni dell’art.132, nei commenti di TUTTA la Dottrina costituzionalistica e in una pronuncia della stessa Corte costituzionale (in diversa composizione), la n. 334 del 2004, la quale sebbene riferita ai Comuni era perfettamente mutuabile per l’istituzione di nuove Regioni.

7. Tutti gli esperti di diritto costituzionale che hanno affrontato la questione sono stati unanimi sul punto. M. Pedrazza Gorlero (Commento all’art. 132, in Commentario alla Costituzione, a cura di G. Branca, Bologna-Roma, 1990), aveva sostenuto che “l’art. 42 della legge n. 352, anziché contenersi nei limiti dell’attuazione dell’articolo in commento, ha notevolmente ed illegittimamente innovato le prescrizioni costituzionali, accordando l’iniziativa referendaria ad organi in esse non previsti e condizionando quella dei titolari all’iniziativa necessariamente congiunta di soggetti dalle stesse non contemplati”. Tale legge ha prodotto, pertanto, “guasti rilevanti” (id., 148) operando una vera e propriafalsificazione della frazione minima di popolazione che i Consigli comunali debbono rappresentare per poter avanzare la richiesta di creazione. Infatti, attribuendo l’iniziativa a tutti i Consigli provinciali e comunali delle province e dei comuni che chiedono il distacco per la formazione della nuova Regione, la disposizione statuisce che l’apertura del procedimento sia effettuata dagli organi rappresentativi (non di almeno un terzo, ma) di tutta la popolazione interessata alla variazione. Un’ultima ragione di illegittimità dell’art. 42, 2° comma, aveva concluso lo studioso, “concerne l’iniziativa, necessariamente concomitante, dei Consigli comunali e provinciali che rappresentino almeno 1/3 delle popolazione residua della Regione dalla quale si effettua il distacco […]” (id., 150-151). Tutti gli altri professori di diritto costituzionale che hanno commentato la legge n.352 del 1970 in relazione all’art.132 Cost. hanno confermato il giudizio di Pedrazza Gorlero. Nel citare un solo esempio L. Ferraro nel Commento agli artt. 131 e 132, in Commentario alla Costituzione, a cura di R. Bifulco – A. Celotto – M. Olivetti, Torino, 2006, 2352 ha ribadito che le popolazioni interessate sono “quelle che risiedono nel territorio direttamente oggetto di variazione, quindi quelle sole collocate all’interno della novità territoriale”. In senso conforme si era infine pronunciato M. Bertolissi, Commento all’art. 132, in Commentario breve alla Costituzione, a cura di V.Crisafulli – L. Paladin, Padova, 1990, 770.

8. Anche l’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione composto dai Giudici più anziani della Corte, nel rinviare la legge del 1970 alla Corte costituzionale per poter permettere l’indizione del referendum nella Provincia di Salerno, ha confermato questo giudizio.

9 Se ciò è vero, non possiamo non ritenere che la sentenza della Corte costituzionale n.278/2011 nel fare riferimento pseudo esigenze di contenimento delle spese ed alla necessità di evitare – improbabili! – effetti domino da parte di altri Movimenti regionalisti, ha fondato la propria decisione su presupposti non giuridici ma di natura politica. Affermando, infatti, che risulterebbe “conforme al dettato costituzionale prevedere che, anche nella fase di promovimento della procedura referendaria volta al distacco di determinati territori da una Regione ed alla creazione di una nuova Regione, siano coinvolte, in quanto interessate, anche le popolazioni della restante parte della Regione originaria”, senza che la Costituzione prevedesse alcunché, i Giudici della Corte hanno sviluppato argomenti di natura molto più politica che giuridica, i quali, sebbene possano essere degni di considerazione, tuttavia, operano una falsificazione del Testo costituzionale realizzando un pericolosissimo precedente.

10. Come si rileva da una prima serie di osservazioni emerse tra i costituzionalisti, la critica verso questa sentenza sarà unanime e molto dura, poiché essa mette a repentaglio l’essenza della Costituzione ed il suo valore giuridico. Per rendere ancora più comprensibile ai lettori il senso della sentenza, è come se per frenare il proliferare delle richieste di referendum di abrogazione delle leggi, il Parlamento emanasse una legge che stabilisce che il numero di firme da raccogliere per presentare una richiesta, non siano già 500 mila come previsto dall’art.75 della Costituzione, bensì 500 mila in ciascuna Regione.

11. Il Movimento per l’istituzione della Regione Salerno ricorrerà davanti alla Corte Europea dei diritti dell’uomo e noi del Movimento della Regione Salento saremo al loro fianco mettendo a disposizione degli amici salernitani il nostro Cantiere ed i nostri giuristi. E’ infatti fondamentale che questa palese violazione del principio di autodeterminazione delle popolazioni sia conosciuta fuori dai confini nazionali e sia fatta finalmente giustizia.

12. Nel frattempo, ci appelliamo a tutti i parlamentari e senatori che abbiano un minimo di sensibilità politica affinché pongano rimedio a questa assurdità e modifichino la legge n. 352 del 1970 permettendo al Movimento per la costituzione della Regione Salerno ed a quello della Regione Salento di poter votare per la propria autonomia. Solo dopo il referendum si aprirà il dibattito nelle aule parlamentari sul se istituire le nuove Regioni essendo il Parlamento l’unico sovrano ad assumere tali decisioni. Ma anche di questa non risibile circostanza, i Giudici della Corte non hanno tenuto conto.

13. Chi gioisce della sentenza ed ostacola il referendum è letteralmente fuori dalla storia e non percepisce i mutamenti in atto nel nostro Paese e la disaffezione dilagante ad una classe politica che punta sempre più al potere in sé e sempre meno alla ricerca del consenso. Ci dispiace che anche la Corte costituzionale si sia dimostrata così lontana dalla storia, e ci si augura che la sua composizione sia presto arricchita da costituzionalisti, i quali, oggi sono una forte minoranza tra i Giudici (1 su 15).

27/10/2011
di Luigi Melica
Componente del Cantiere Salento
Movimento Regione Salento
Comitato Promotore Referendum per l’istituzione della Regione Salento

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