La diretta conoscenza delle modalità operative degli organi rappresentativi e decisionali e della struttura organizzativa della Regione Puglia acquisita nel corso dei cinque anni di lavoro quale staff economico dell’ex-Presidente della Provincia di Brindisi Michele Errico, mi hanno convinto del fatto che risulta necessario ed improrogabile realizzare il nuovo soggetto istituzionale intorno al quale si sono concentrate significative e qualificate attenzioni di cittadini comuni,di professionisti e di rappresentanti della società civile. La Regione Salento va istituita quale organismo istituzionale rappresentativo di una popolazione composta da 1.797.299 cittadini residenti, omogenea sia socialmente che culturalmente, che è meritevole di una specifica autonoma rappresentanza anche politica,che la faccia assurgere al ruolo di entità imprescindibile in tutti i contesti nazionali, comunitari ed internazionali, perché: occorre liberarsi dal condizionamento e dai vincoli prodotti dagli attuali organi regionali nell’ambito della definizione delle direttrici dello sviluppo economico e sociale che vengono tracciate a livello macro e con la preferenziale ricaduta sul territorio dell’attuale capoluogo regionale senza coinvolgere i territori interessati che, al contrario, conoscono dettagliatamente ed approfonditamente la situazione ed i fabbisogni degli stessi e, quindi, la natura e tipologia degli interventi fisici i finanziari più rispondenti per lo sviluppo del territorio ed alle attese ed alle istanze dei cittadini; occorre, quindi, appropriarsi della gestione delle risorse finanziarie comunitarie(quelle eventualmente disponibili oltre il 2013) e nazionali al fine di utilizzarle per la realizzazione di progetti strategici di sviluppo infrastrutturali e per i settori economici, per il sistema del welfare e della salute determinati sulla base di una scala di priorità definita dal territorio salentino evitando, in tal modo, che si verifichi ancora la demenziale parcellizzazione del Salento in quattro” Aree Vaste” fra loro concorrenti nell’assegnazione di fondi pubblici mediante la presentazione di un proprio Piano Strategico di sviluppo del territorio di riferimento, compreso quello della Viabilità e della Valutazione Ambientale Strategica. Piano basato su una miriade di progetti per tematiche predefinite senza che fra dette aree, sia a livello progettuale che territoriale, vi fosse, come avrebbe dovuto essere, l’obbligo di individuare un unico punto di riferimento decisionale ed operativo (invece delle attuali quattro costose strutture poste in attività con i criteri e i metodi usualmente adottati dal sistema politico nella ripartizione di incarichi e poltrone) che coordinasse e mettesse in rete tutti quei progetti accomunati da specifici obiettivi di sviluppo allo scopo di ottenere il massimo dei risultati ; occorre liberarsi dal sistema di relazioni “vischiose” poste consapevolmente in essere ai diversi livelli politici ed operativi che rendono difficile l’attivazione e la gestione dei rapporti fra Regione e rappresentanze istituzionali ed economiche anche se sottoscritti in accordi e/o intese territoriali, evitando, in tal modo, il ripetersi di fatti già accaduti quale la mancata attuazione del Protocollo di Intesa e del Programma di Intesa Istituzionale e del Documento di Intenti per lo sviluppo socio-economico sottoscritti nel 2006 e 2007 fra Regione Puglia e le tre Province di LE-BR-TA. Questi prevedevano l’ assegnazione di fondi FERS, FAS, FSE per oltre 300 ml/E. nel periodo di programmazione 2007-2013 a fronte di progetti interprovinciali e sovraterritoriali, impegni finora ampiamente disattesi nonostante i tanti “viaggi della speranza” fatti a Bari per discutere con i vertici regionali che, invece, smistavano per improrogabili sopravvenuti impegni ai funzionari che ovviamente “prendevano atto del problema per poi riferire” ( chi scrive è stato coordinatore dei tavoli tecnici attivati dalle tre Province per la stesura dei detti documenti) ; occorre sostituire il criterio adottato dalla Regione nella ripartizione delle risorse pubbliche da destinare agli investimenti basato su quote percentuali determinate sulla base della popolazione residente nei territori provinciali perché non tiene conto della strategicità e qualità dei progetti e dei risultati previsti in termini di ricaduta economica su ciascuno di essi; occorre poter contare su una struttura operativa snella e sburocratizzata, vicina al territorio composta da dipendenti responsabili e professionalizzati che conoscono lo stesso perché ci vivono e non perché leggono i documenti, sempre più copiosi, richiesti a fronte di qualsiasi iniziativa pubblica e/o imprenditoriale; occorre cogliere le opportunità e le potenzialità presenti nel “federalismo”, si auspica definito mediante l’adozione di una strutturazione dei decreti attuativi effettivamente efficaci e funzionali, anche per evitare che la sua attivazione produca un ulteriore e gravoso innalzamento del livello “direttorio” delle politiche regionali ed un inaccettabile aumento del grado di accentramento dei poteri di indirizzo e gestionali della Regione.

La risposta adeguata a tutto ciò è rappresentata dalla costituzione della Regione Salento: le motivazioni esposte assumono un rilievo indiscutibile, in termini di necessità ed opportunità, per l’autodeterminazione del proprio modello di sviluppo che interessa un’ area geografica caratterizzata, fra l’altro,da un comune significativo passato storico, da una importante specifica ed elevata omogeneità culturale, da una economia basata su settori produttivi di tradizione e qualificati, dalla presenza di competenze professionali e tecniche e da poli culturali universitari di buon livello, da un livello alto di scolarizzazione, da un notevole dinamismo del sistema delle PMI e dell’artigianato, dalla presenza di risorse naturali ed ambientali che possono considerarsi strategici per lo sviluppo del turismo.

Alcune delle ragioni esposte da coloro che sono contrari all’iniziativa condotta in assoluta libertà dai promotori e senza l’ingerenza ed il condizionamento di chicchessia, sono facilmente smontabili; ad esempio, quella della moltiplicazione dei costi di funzionamento della pubblica amministrazione che,viceversa, si ridurrebbero atteso che gran parte degli attuali dipendenti regionali (circa 7.000) diventerebbero eccedenti e la riduzione del loro costo non verrebbe compensata dai dipendenti della nuova Regione Salento che si potrà dotare di una struttura non elefantiaca quale quella regionale formatasi negli anni per “familismo” ed “ appartenenze”. Inoltre, i costi e le spese generali aggiuntivi saranno sostanzialmente contenuti e di ammontare tale da non assorbire le economie ottenibili con il consistente contenimento e con la rideterminazione della attuale struttura organizzativa regionale. Una fra le altre critiche circa la realizzabilità dell’iniziativa, è quella che si viene a creare un nuovo inutile organismo che frazionerebbe una unità politica, socio-economica e geografica ormai stratificata e consolidata dando vita, si dice, ad una micro realtà. A tale rilievo può contrapporsi il fatto che sussistono regioni con popolazione residente e superficie geografica ancora più contenute della Regione Salento quali l’Umbria, la Basilicata ed il Molise che non sono caratterizzate certamente da “nanismo” nel panorama nazionale. Si rammenta che la Regione Salento rappresenta il 44% della popolazione dell’intera Regione Puglia ed il 36.3% dell’intera superficie regionale.

30/09/2010
di Umberto Fanuzzi
Area Economica
Cantiere Movimento Regione Salento

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