Le nostre interviste sulla Regione Salento continuano con Paolo Pagliaro, imprenditore di successo nelle telecomunicazioni, principale ispiratore della battaglia per Regione Salento è il Presidente del Movimento Regione Salento.
L’idea della Regione Salento non è nuova. In passato questa battaglia politica è sempre fallita per diversi motivi, perché dovrebbe avere successo proprio ora?
Perché oggi questa battaglia nasce senza inseguire scopi elettorali. Perché oggi, per la prima volta, non è la protesi di un partito. Perché oggi nasce dal basso, dalla forza delle idee e da profonde convinzioni di matrice economica, culturale e sociale. Perché oggi, oltre alla convinzione dei suoi promotori, c’è anche tanto olio di gomito per perseguire l’obiettivo. C’è una voglia di conseguire il risultato che vuole vincere la sfida contro il “nonsipuotismo” che è un cancro del nostro territorio. Noi siamo la terapia d’urto, e vogliamo solo guarire questa malattia, senza poi pretendere di dirigere l’intero apparato sanitario.
La Regione Salento, come dicevamo, non è nuova. In tanti hanno cercato di realizzarla negli ultimi vent’anni. Si ha però il sospetto che sia sempre stata una battaglia strumentale al fine di acquisire visibilità politica o per altri interessi che poco hanno a che fare con gli obiettivi sbandierati dal gruppo dei promotori. Il sindaco di Lecce Paolo Perrone, su La Gazzetta del Mezzogiorno di Sabato 7 Agosto (pag. 9), ha addirittura dichiarato: “Se questo [La Regione Salento] serve ad attivare un dibattito sul baricentrismo dei governi vendoliani e di centrosinistra, è senz’altro una cosa utile e giusta” collegando il progetto della Regione Salento ad una battaglia ideologico-politica tra destra e sinistra.
Ci consente di sospettare che questa nuova “crociata” del 2010 per la Regione Salento sia anche oggi strumentale?
Il Baricentrismo della spesa non è una novità vendoliana. E’ una realtà amara e vecchia quanto l’istituzione della Regione Puglia. Ci sono tanti Sindaci e Presidenti della Provincia di altre parti politiche pronti a testimoniarlo. Del resto l’idea ha messo d’accordo (è una notizia, se ci riflettete su), il Presidente Vendola ed il Ministro Fitto. L’idea non scalda il cuore di nessuno dei due, e testimonia quanto il nostro movimento sia sganciato dalla politica dei partiti e sia cucita con un filo spessissimo ai sentimenti della politica che viene dal basso, dai cittadini. Se non bastasse, anche il partito di Casini non sembra esultare per questa prospettiva. Ciò che noi chiediamo, di fatto, è soltanto di restituire la Politica al suo unico padrone: la gente. Per questo chiediamo il referendum.
Quali sono i reali vantaggi che possono scaturire dall’ Istituzione della Regione Salento?
“Homo faber fortunae ipsius”, ovvero “l’uomo, o l’umanità, è artefice del proprio destino”. Essere fabbri del proprio futuro è da un lato una grande responsabilità, dall’altro un diritto soggettivo e inalienabile di un popolo. Per esercitare un diritto servono gli strumenti idonei, così come per forgiare un fabbro ha bisogno del ferro e degli strumenti di lavoro. Il Grande Salento è stato vissuto da tutti, me compreso come una grande occasione. Gli scarsi risultati ottenuti non derivano dalla mancanza di grinta, di tenacia, di idee. Derivano piuttosto dagli scarsi poteri decisionali e dalle scarsissime risorse che hanno le Province come enti intermedi. Il potere gestionale, le trattative con il CIPE, le dinamiche per ottenere i Fondi Comunitari: sono tutti temi che appartengono alle Regioni, sia dal punto di vista progettuale che gestionale. E’ questo il senso della Regione Salento. Chi parla di “separatismi”, di “leghismi” e di estremismi in generale sbaglia di grosso. Chiediamo un modello amministrativo che consenta ai territori di Lecce, Brindisi e Taranto di poter decidere su quali infrastrutture investire, su quali eventi culturali investire, quale politica energetica intenda perseguire e così via. Gli investimenti per i territori “altri” delle Puglie sono scarsissimi. Il 70% delle risorse è destinato a Bari, il restante 30% per gli altri territori. Su questo dato, che è un dato politico, cioè frutto di scelte, attendo ancora smentite. Ed a decidere quali investimenti infrastrutturali ed energetici e quali eventi culturali debbano essere destinati sono spesso degli organi politici che, pur competenti, non conoscono a fondo il nostro territorio. Perché finanziare una ferrovia che squarcia la Valle della Cupa e non finanziarie invece treni diretti dalle stazioni ferroviarie di Lecce, Brindisi e Taranto per l’aeroporto Papola Casale? E’ solo un esempio, ma calzante. Ci sono strade più urgenti della Lecce-Taranto da finanziare? Anche su questo attendo risposte.
Il federalismo è ormai una realtà, le Regioni hanno molto più potere rispetto al passato e con il federalismo fiscale il decentramento è, di fatto, ormai compiuto, come anche dimostrano gli ultimi provvedimenti del Consiglio dei Ministri sulla cedolare secca degli affitti al 20%. Nell’Unione Europea, inoltre, il Salento ha perso la sua posizione di frontiera, che ora occupa la Grecia. Non pensa che la Regione Salento non abbia più senza senso e sia superata dagli eventi della storia?
Il federalismo è un’opportunità, proprio per gli argomenti di cui sopra. Il Salento ha ancora tutte le caratteristiche, le potenzialità per essere terra di frontiera nel cuore del Mediterraneo. Certo, per svolgere questo ruolo sono necessarie le infrastrutture che attendiamo da decenni. I dragaggi per il Porto di Taranto in chiave commerciale, il potenziamento del Porto e dell’aeroporto di Brindisi in chiave turistica. Il collegamento veloce fra queste infrastrutture a chiudere il cerchio.
Lecce, Brindisi e Taranto basano il loro sviluppo su economie differenti. Lecce su agricoltura e turismo, Brindisi prevalentemente sul porto e Taranto è soprattutto l’ILVA, quindi una realtà industriale. Non pensa che sarebbe molto più costruttivo pensare alla Provincia autonoma di Lecce piuttosto che ad una Regione Salento?
Nessuna economia moderna di un territorio ha una vocazione unidirezionale. L’agricoltura è una economia da legare all’indotto turistico grazie alle tipicità delle nostre produzioni, che vanno dal Salice Salentino doc al Primitivo di Manduria. Il Porto di Brindisi è un’incompiuta, se non diventa stabilmente scalo turistico per le navi da crociera. L’Ilva è una contraddizione di un territorio che ha vissuto da solo il ricatto occupazionale. Se l’inquinamento dell’Ilva e di Cerano sono un problema di un territorio forte si affronta con coraggio. Come mai le industrie della CO2 e della diossina non sorgono nell’altra Puglia. A chi dobbiamo questo regalo? A chi ha voluto approfittare di un territorio debole, di un’appendice trascurata, bacino di voti. E i posti in fabbrica sono voti. Oggi questo territorio sa qual è il suo modello di sviluppo, e sa gestire e difendere il suo dna. Un dna che è fatto sia di agricoltura e turismo, sia di industria compatibile e terziario. La Provincia autonoma di Lecce è un’idea senza futuro, non l’ho mai neanche sfiorata. Questa si, sarebbe un’idea estremista, leghista e con una forte ed ingiustificabile presunzione di autosufficienza. Una Regione come il Salento sarebbe forte perché infrastrutturalmente completa. Una Regione di 1.800.000 abitanti che interloquisce direttamente col Governo centrale e con l’Europa, senza accontentarsi degli avanzi.
L’Avv. Fabio Valenti in una nostra intervista ha dichiarato di essere d’accordo sull’istituzione della Regione Salento, ma solo a patto che sia a statuto speciale. Del resto non si capirebbe altrimenti la convenienza ed utilità rispetto all’appartenere alla Regione Puglia. Cosa ne pensa?
Intanto vorrei dare atto al caro amico Fabio Valenti di avermi contagiato con questo virus già unidici anni fa. Ero e sono ancora d’accordo con lui, ma sarà la legge sul federalismo fiscale a superare questa questione.
Qual è il programma per il mese di settembre? Cosa dobbiamo aspettarci?
La parola spetta adesso ai Consigli dei 146 Comuni delle Province di Lecce, Brindisi e Taranto. Il nostro impegno sarà quello di cercare di contribuire al dibattito con grande moderazione e con argomentazioni programmatiche. Il lavoro del comitato promotore e del comitato referendario in questa direzione è fondamentale. Basta leggere l’elenco delle personalità che lavorano per dare contributi sempre più alti al dibattito per comprendere lo spessore del team che si è spontaneamente seduto intorno al tavolo del nuovo sviluppo. Tutti noi vogliamo il referendum, chiediamo che sia la gente a dare ragione o torto a questa prospettiva, e che i partiti concedano questa sacrosanta opportunità ai cittadini non ostacolando la consultazione. Durante la campagna referendaria ci sarà un dibattito che farà sicuramente bene al territorio. E’ ovvio che io mi auguro che vincano i Sì, ma già giungere al Referendum sarebbe tutti una grande vittoria democratica.
La nostra Web.tv 03/09/2010
di U.V.L.