La discussione sulla Regione Salento talvolta tende ad avvitarsi in una contrapposizione, abbastanza sterile, fra sostenitori entusiasti e detrattori più o meno pessimisti (se non sarcastici).
Oggetto del contrasto, però, mi sembra essere un’idea vuota di questo progetto: come se, cioè, all’istituzione della nuova Regione dovesse necessariamente corrispondere la nascita di un organismo politico-amministrativo dotato di una fisionomia già definita da precisi contenuti di sostanza.
Il tema, invece, sul quale oggi ci si deve a mio avviso confrontare non è solo quello dell’alternativa “secca” (sì o no alla Regione Salento), ma anche un altro, che al primo è connesso in modo molto stretto, e gli dà sangue e nervi: quale Regione Salento immaginano i fautori (e gli avversari) dell’iniziativa?
Gli argomenti spesi a favore o contro poggiano su visioni generiche della questione, e diventano presto luoghi comuni consunti: la lotta al “baricentrismo” fronteggia il timore sia di ulteriori, costosi e inefficienti “carrozzoni” amministrativi, sia di un’articolazione del territorio pugliese in due Regioni (con le relative Province) che si tradurrebbe in una “frantumazione” del territorio.
Sorvolo poi, a tutela del lettore, sulle litanie “identitarie” (altro concetto-slogan insopportabile) intonate dalle rispettive retroguardie.
Da una parte, la pizzica, il “Salento sole mare vento”, “Brindisi è già stata capitale d’Italia” (questa è meglio dimenticarla per l’imbarazzante contesto storico, suvvia…), etc..
Dall’altra parte, quando non si scomoda addirittura Federico II (puer Apuliae), non si esita però a perdersi in struggenti visioni estatiche della Puglia: la si contempla come inserita – senza alcuna discriminazione asimmetrica fra aree geografiche interne – nel più virtuoso dei circuiti economici dell’Unione europea. Chi s’attarda vagheggiando di Regione Salento sarebbe quindi un miope reazionario anacronista.
Dimentichiamo per un attimo tamburelli e Castel del Monte, per favore, e proviamo a fare qualche passo avanti verso direzioni di contenuto.
Allora: quale modello ha in mente chi guarda con favore alla Regione Salento? Quali obiettivi intende perseguire, e con quali strumenti? Chiedendo subito perdono al lettore, uso io – ma una sola volta! – un’altra orribile parola-slogan: in sintesi, quale missione per la Regione Salento?
Impostare la discussione su questo piano mi sembra una scelta di metodo ricca di conseguenze positive: consente, a mio avviso, di disegnare in modo sempre più preciso, e dunque riconoscibile per chiunque, i lineamenti di un volto – quello della Regione Salento – che ne è finora abbastanza privo.
Oggetto del confronto, quindi, dovrebbe essere non più un’idea vaghissima e abbastanza da cartolina, ma un progetto ben tracciato nelle sue linee andamentali, solidamente fondato sulle sue dorsali: fatte di scelte di valore nette, di assetti di gestione, tutela e sviluppo del territorio seri e definiti.
Ecco, il territorio.
È inevitabile per me – in prima linea come docente di Diritto amministrativo e urbanistico, e come avvocato amministrativista – che il discorso vada a parare proprio lì, sul tema che mi è più caro: con quali valori la Regione Salento si propone come soggetto politico-amministrativo chiamato a governare il proprio territorio? Come intende impostare il proprio rapporto con le sue Province e con i suoi Comuni?
Abbozzo qualche idea, così da tentar di abbandonare le vacuità svaporate di cui dicevo.
A mio avviso, la Regione dovrebbe resistere alle sirene di un altro slogan insidioso (se usato senza moderazione): quello dell’amministrazione di prossimità, secondo cui la vicinanza fisica di un Ente pubblico al cittadino-utente sarebbe un bene assoluto, sempre e comunque.
Non è così.
Vi sono infatti ambiti delicatissimi – la tutela del territorio è proprio fra questi – in cui deve trovare adeguata considerazione anche il principio opposto, quello dell’amministrazione di distanza: in base al quale l’Ente che deve assumere decisioni di notevole rilievo, ma non di rado “impopolari”, è bene che sia lontano, e dunque non influenzabile dal – chiamamolo così … – condizionamento elettorale.
Faccio un esempio, fra i tanti.
Il Salento è un territorio ad altissima vocazione turistica: il suo territorio, quindi, richiede politiche di governo integrato (cioè di tutela, promozione e sviluppo) di altrettali livello e qualità.
Possono allora i Comuni – sino ad oggi attori principali del processo di gestione (e controllo) del territorio – continuare ad essere onerati di compiti (soprattutto repressivi) che quasi per definizione essi non possono svolgere in modo soddisfacente, in quanto soggetti deboli, spesso esposti alle corpulente pressioni egoistiche della collettività municipale?
Ed ancora, allargando e spostando un po’ la visuale: è razionale un sistema di pianificazione del territorio che prevede ben tre livelli decisionali (comunale, provinciale e regionale), donde poi un sistema macchinoso e generatore di un contenzioso che ancor più lo rallenta e da ultimo l’incontrollabile fenomeno dell’abusivismo edilizio?
Quali compiti, pertanto, intende qui assumere la Regione Salento nel dialogo con le sue Province, visto che la ragion d’essere di ogni Provincia sta tutta nel suo rappresentare un Ente intermedio fra una Regione (troppo distante rispetto agli interessi pubblici e privati da governare) e i Comuni (troppo vicini …)?
Si potrebbe continuare pressoché all’infinito, sia analizzando altri nodi d’apice del sistema di regolazione del territorio, sia affrontando altri settori, distinti ma connessi (trasporti, infrastrutturazione generale, politiche della sanità, dell’occupazione, della cultura, e via dicendo).
Lo so che è impossibile pervenire una definizione preventiva e ad alta risoluzione dell’immagine di una nuova Regione; ma se una prima fase si è definita, identificando l’esistenza di un’aspirazione diffusa (anche se ancora fluida e indistinta), si può tradurre quell’aspirazione in un reticolo organico di obiettivi concreti e di strumenti per realizzarli?
Chiudo queste noterelle scomodando io, stavolta, un grande italiano, Eugenio Montale: evitiamo di guardare in modo fideistico alla Regione Salento come ad una formula miracolosa che “mondi possa aprirti”; ma lasciamo perdere anche le perplessità inutili di chi sa ripetere solo “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”.
Nuovo Quotidiano di Puglia 24/08/2010
di Pier Luigi Portaluri