Articolo che sarà pubblicato sul numero di febbraio 2011 del mensile musicale RARO.
Si fa un gran parlare di un’eventuale regione Salento. Non si sa ancora se avverrà l’effettivo riconoscimento, ma, in campo musicale, una regione Salento esiste già e continua ad arricchirsi di giorno in giorno. Dopo la lunga stagione della scuola genovese, di quella romana, quella napoletana, sembra davvero sia il Salento la nuova culla della musica made in Italy.
Ci sono i salentinissimi Negramaro, certamente la band più interessante emersa negli ultimi anni, con quel Giuliano Sangiorgi autore di canzoni intense e memorabili. C’è la leccese Alessandra Amoroso, con la sua voce da nera-bianca. A “X Factor” ha sfiorato la vittoria il giovanissimo salentino Davide Mogavero. Del prossimo Sanremo, nel momento in cui scrivo, si dice che la vittoria potrebbe andare alla leccese Emma (con i Modà).
Continuando a respirare i benefici influssi artistici provenienti dall’indimenticato Domenico Modugno (nato a Polignano a Mare, ma cresciuto nella salentina S. Pietro Vernotico) fioriscono mille belle voci, apparentemente diverse, ma accomunate dalla grande passionalità presente in tutte. Niente mezze tinte: le voci della “regione Salento” sono tutte a tinte forti, carnali, estreme.
Hanno sciolto il gruppo, ma anche i quattro salentini che formavano gli Aram Quartet, vincitori della prima edizione di “X Factor” (Antonio Ancora, Michele Cortese, Antonio Maggio, Raffaele Simone) brillavano, tutti, per il calore che mettevano nella loro vocalità. Sicuramente, anche da solisti, conserveranno lo stesso smalto.
Non è elegante che io mi soffermi su di me e sulla mia salentinità, ma, questo lo posso dire, non riesco a comporre o a cantare nulla che non mi scuota l’anima nel profondo.
Parlando di Grande Salento, comprendendo quindi le province Lecce-Brindisi-Taranto, troviamo le mille, profonde vibrazioni della poetessa-cantautrice tarantina Mariella Nava. Di lei basterebbe ricordare “Spalle al muro” (“vecchio, diranno che sei vecchio…) che offrì ad un magnifico Renato Zero l’occasione di sfoggiare tutto il pathos di cui è capace.
Sempre da Taranto proviene Mimmo Cavallo, cantautore sanguigno, originale e spesso trascurato, perché difficile da inquadrare in preesistenti scuole cantautorali. E poi, sempre a Taranto, c’è Mietta che, nella sua voce e sul suo bel viso, sembra abbia un concentrato dei tre elementi che si dice meglio caratterizzino il Salento: il sole, il mare, il vento (lu sule, lu mare, lu jentu).
Nella salentina Squinzano c’è ancora nell’aria il profumo jazzato delle melodie assolute che costituivano il repertorio del suo cittadino Nicola Arigliano, scomparso l’anno scorso.
E quando a mezzogiorno, a Lecce, in Piazza S. Oronzo, invece di un normale orologio, si ascolta la voce ineguagliabile del “tenore di grazia” Tito Schipa, leccese, ma adorato in tutto il mondo, ai presenti nella piazza arriva come un piacevole stordimento. Quella voce magica, che parte da un passato remoto, penetra nel presente e, per la durata del canto, sembra che metta in comunicazione l’anima dei contemporanei con i propri antenati.
Il Salento è anche pizzica e musica tarantata, trionfo di tamburi e voci capaci di evocare dèmoni e leggende. La rassegna annuale di Melpignano, “La notte della taranta”, incuriosisce e richiama centinaia di migliaia di spettatori, provenienti da ogni parte del mondo. Data l’abbondanza dell’offerta, mi sento impreparato a dare delle indicazioni sul meglio di questo genere. Indimenticabile, però, resta l’icona di Pino Zimba, il cantante-tamburellista-attore scomparso troppo presto. Anche Gianna Nannini duettò con lui, avendone riconosciuto il valore di vero cantore popolare, inquietante e innocente, come una leggenda antica. Cito ancora gli Officina Zoè (ammirati nello stupendo film di Edoardo Winspeare “Sangue vivo”), Alla Bua, Zimbaria, Ghetonia, Antonio Amato Ensemble, Lu Rusciu Nosciu e… chiedo scusa agli altri!
Tra i giovanissimi “usati” per le migliori musiche etnico-salentine brilla Alessia Tondo, che, nel suo canto fresco e naturale, sembra tradurre nel linguaggio del XXI secolo le parole delle nonne.
Da Castellaneta proviene Mario Rosini, cantante dalla vocalità magistrale, dotato anche di un tocco pianistico dal gusto internazionale. Non a caso l’ha voluto con sé in tournée anche Gino Vannelli.
La forza della musica tarantata salentina ha coinvolto anche una cantautrice come Teresa De Sio e, soprattutto, Eugenio Bennato, attento studioso delle migliori espressioni etniche del nostro Sud.
“Un amore così grande” è una delle canzoni italiane più eseguite in Italia e nel mondo. Pochi lo sanno, ma quel fortunatissimo brano, già cantato da Mario Del Monaco, Luciano Pavarotti, Alfredo Kraus, Claudio Villa e sua figlia Manuela, Francesco Renga, Andrea Bocelli, i tre tenorini de Il Volo (anch’io l’ho riproposto in spagnolo nel mio recente “Nato tra due mari”) è frutto della fantasia del salentino Guido Maria Ferilli, un autore nato a Presicce, a poche centinaia di metri dalla mia casa natale, di Acquarica del Capo.
Il brindisino Bungaro, anche se il grosso pubblico ancora non se n’è accorto, è una delle migliori realtà del cantautorato nazionale. Ha scritto brani raffinatissimi per Fiorella Mannoia, Marco Mengoni, Ornella Vanoni, Giusy Ferreri, Gianni Morandi, Antonella Ruggiero. Se gli operatori culturali e i potenti dei mass media fossero un po’ meno cialtroni non avremmo queste ingiuste disattenzioni. Comunque sono certo che il tempo renderà a Bungaro i riconoscimenti che merita.
Tra impegno, ritmo e energia prosegue da molti anni anche la carriera dei Sud Sound System.
Ci sono poi gli Après la Classe, per i quali confesso di avere un debole: originali, scoppiettanti, energici, un ottimo mix di culture diverse condite con le spezie musicali salentine.
Non seguo molto alcuni talent show, ma mi ha colpito l’originalità di Pierdavide Carone, cresciuto a Palagianello, nel tarantino. Discreto, educato, ispirato, si vede che vive in un suo mondo fatto di buona musica e buone relazioni umane. E, fondamentale, non sgomita, a differenza di altri insopportabili prodotti televisivi spacciati per suoi colleghi.
Non sto compilando un’enciclopedia della musica salentina. Sicuramente mancano alcuni nomi, magari importanti, ma proprio non posso ignorare il salentino Al Bano. E’ vero che il nostro Carrisi è stato protagonista di mille avventure umane e sentimentali, ma, fondamentalmente, resta un nostro cantante imprescindibile, sia per la risonanza nazionale, che per quella internazionale. Distratti dai suoi fatti privati, non dobbiamo correre il rischio di ignorare certe tappe musicali impresse nella memoria collettiva. Parlo non solo di Nel sole, Felicità, Nostalgia canaglia, ma anche e soprattutto di Io di notte, La siepe, Il ragazzo che sorride, Mattinata. C’è poi E’ la mia vita, autentica perla, firmata Maurizio Fabrizio, presentata a Sanremo con successo e tanta emozione collettiva.
A proposito di Al Bano, è da tenere d’occhio sua figlia Cristel Carrisi: per ora molti la scambiano per una semplice figlia di papà, ma lei è molto di più. Compone parole e musiche che hanno la delicatezza di un acquerello. Canta con dolcezza infinita. Nel suo sorriso disarmante si ritrovano la grazia di sua madre Romina, l’onestà intellettuale del padre, la luce dello sguardo del nonno Tyrone Power.
Un’annotazione che val la pena di aggiungere: nella classifica annuale di vendite discografiche compilata dalla FIMI, principale organo discografico nazionale, per il 2010, nei primi 7 posti sono presenti ben 4 salentini: Alessandra Amoroso, Negramaro, Emma e Pierdavide Carone.
Forse qualcuno si chiederà: serve a qualcosa sottolineare la provenienza geografica di un artista? Non c’è il rischio che sorgano tentazioni di eccessivo orgoglio o di pericolose contrapposizioni? Conoscendo a fondo la mia gente salentina, anche se vivo a Firenze da quasi quarant’anni, so che è vero il contrario. Per un buon salentino, anche quando si rende conto del suo valore, è improprio parlare di orgoglio. E’ più giusto parlare di consapevolezza. Il buon salentino ama l’Italia intera, anzi è portato con molta naturalezza a sentirsi cittadino del mondo. Riconoscere che si sa fare qualcosa, della buona musica per esempio, equivale a sentirsi contenti di avere qualcosa da offrire nell’incontro con gli altri.
Mi piacerebbe che un giorno si potesse dire che, anche grazie alla musica, “L’Italia è una repubblica democratica fondata sull’incontro.”
Mensile Musicale RARO numero di Febbbraio 2011 23/01/2011
di Franco Simone