Con quest’intervento mi propongo di svolgere alcune sintetiche considerazioni sulla procedura costituzionale da seguire per l’istituzione della Regione Salento, anticipando sin d’ora un concetto che riprenderò più avanti e che il prof. Luigi Melica ha già ben messo in evidenza in più occasioni: vale a dire, il principio per cui è un bene che il corpo elettorale salentino si pronunci al riguardo attraverso referendum (che, tra l’altro, ha solo natura consultiva).
Ma procediamo con ordine. L’iter che la Costituzione prevede per costituire una nuova Regione è contenuto nell’art. 132, co. 1, cui si aggiunge la legge attuativa n. 352 del 1970, che considero per molti aspetti (ne parlerò più avanti) di dubbia costituzionalità. Quest’ultima ha disciplinato le fasi procedimentali del deposito della richiesta, dell’accertamento della legittimità dell’iniziativa, di indizione e svolgimento del referendum, della successiva iniziativa legislativa governativa e della promulgazione della legge costituzionale che dispone la variazione territoriale.
A scanso di equivoci, ricordo sin da subito che ad oggi non c’è stato nessun procedimento teso a creare una nuova Regione seguendo il dettato dell’art. 132, co. 1. Tale norma non ha trovato applicazione nemmeno per la Regione Molise, che si è formata tramite distacco dagli Abruzzi nel 1963, dato che in quel caso è stata utilizzata una diversa procedura, consentita – entro certi termini, oramai trascorsi – dall’XI disposizione transitoria e finale della Costituzione.
Sempre per chiarezza espositiva, è necessario premettere che, in alternativa alla procedura prevista dall’art. 132, si potrebbe dar vita alla Regione Salento anche attraverso un’apposita legge costituzionale che deroghi espressamente alla norma in commento (è quello che si è tentato di fare proponendo l’istituzione della Regione Romagna). Su questo aspetto, che non è il caso di riprendere ulteriormente, si è recentemente soffermato il prof. Melica, replicando giustamente ad alcune osservazioni svolte dall’on. Ria.
Ma torniamo all’art. 132, dove emerge che per costituire una nuova Regione occorre seguire un iter di tipo aggravato, che si caratterizza per la coesistenza di diversi presupposti: anzitutto è necessaria una legge costituzionale, vale a dire una particolare legge approvata sì dal Parlamento, ma attraverso una procedura più complessa rispetto a quella richiesta per le leggi ordinarie. Difatti, quando viene in rilievo una legge costituzionale, servono due deliberazioni di entrambe le Camere e la seconda votazione deve concludersi con almeno la maggioranza assoluta. Con riguardo alla creazione di nuove Regioni, il requisito richiesto in seconda deliberazione è stato elevato (dall’art. 46 della legge n. 352 del 1970) addirittura ai 2/3 dei componenti ciascuna Camera, previsione questa a mio parere incostituzionale.
In secondo luogo, la norma in esame stabilisce che la costituenda Regione debba essere composta da almeno un milione di abitanti e, da questo punto di vista, non vi sarebbe alcun ostacolo, dato che il Grande Salento vanta un milione e ottocentomila abitanti, dunque ben più di tante altre Regioni italiane. In dottrina si discute poi se il limite minimo del milione di abitanti imposto per la nuova Regione debba applicarsi anche a quella che subisce la decurtazione territoriale: ma, anche in questo caso, non sussisterebbe alcun tipo di problema, dato che le Province di Bari e Foggia conterebbero assieme quasi due milioni e trecentomila abitanti.
Ulteriore requisito richiesto dalla Costituzione è dato dalla necessità della delibera di tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della popolazione complessiva compresa nel territorio coinvolto. Allo stato attuale, il Comitato promotore per il sì al referendum presieduto dal dott. Pagliaro ha avanzato ai 146 Comuni delle Province di Lecce, Brindisi e Taranto la richiesta di mettere all’ordine del giorno la mozione volta a indire il referendum consultivo tra la popolazioni interessate al progetto di nuova Regione. Ed è questo lo stadio in cui ci troviamo oggi.
Dopodiché, nel caso in cui il predetto requisito sia soddisfatto, la proposta dovrà essere approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse. E qui verrà in rilievo un problema non di poco conto, su cui è opportuno spendere due parole: leggendo l’art. 44 della legge n. 352 del 1970, sembra che, con riferimento all’ipotesi della creazione di una nuova Regione, il referendum non debba essere limitato soltanto alle popolazioni direttamente interessate alla variazione territoriale (per intenderci, i territori di Lecce, Brindisi e Taranto), ma debba invece essere esteso all’intero territorio regionale (dunque, anche ai territori di Bari e Foggia). Anche questa, per la verità, è una previsione che mi pare di più che dubbia legittimità costituzionale, poiché frustra in modo eccessivo il diritto di autodeterminazione delle autonomie locali coinvolte nel procedimento in questione. Tra l’altro, occorre segnalare un’importante pronuncia della Corte costituzionale (la sentenza n. 334 del 2004), anche se riguardante l’ipotesi del distacco di un Comune dal territorio regionale: in quel caso, il giudice delle leggi ha affermato la necessità di coinvolgere nel referendum soltanto la popolazione interessata al distacco, l’unica dotata di “legittimazione a promuovere la consultazione referendaria”. Stando così le cose, lo stesso tipo di interpretazione dovrebbe valere per il caso della creazione di una nuova Regione.
Infine, nell’art. 132 si legge “sentiti i Consigli regionali”, ciò significando che la Regione Puglia dovrà (in un secondo momento) essere coinvolta nel procedimento, attraverso un parere (non vincolante) reso prima dell’avvio dei lavori legislativi, che avranno inizio con la presentazione di un disegno di legge costituzionale da parte del ministro dell’interno. Il che, ovviamente, avrà senso solo nell’ipotesi di esito positivo del referendum: in caso contrario, infatti, la proposta referendaria non potrà essere rinnovata prima che siano trascorsi cinque anni.
Rimane ora da svolgere un’ultima considerazione, già anticipata all’inizio del mio intervento: alcuni si sono a priori schierati contro l’eventualità di dar vita alla Regione Salento. A me sembra che, più che i politici favorevoli o contrari, sia necessario sentire il parere delle popolazioni interessate ed è soltanto un bene, non importa se pro o contro, che il corpo elettorale possa avvalersi di quel formidabile strumento di democrazia diretta che è il referendum. È questa (e, lo ribadisco ancora, a prescindere dall’esito referendario) un’opportunità da non sprecare.

Alessandro Candido
Avvocato e Dottorando di ricerca in Diritto Costituzionale, Università Cattolica di Milano

Nuovo Quotidiano di Puglia 08/09/2010
di Alessandro Candido

 

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