L’intervento del nostro Presidente Paolo Pagliaro sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 29 luglio 2022:
C’era una volta Legambiente, che lottava per la tutela e la valorizzazione della natura e del paesaggio. Da qualche tempo, il cigno verde simbolo dell’associazione ha cambiato pelle, fino a snaturarsi da don Chisciotte in guerra contro le pale a vento, a soldato delle multinazionali dell’energia. Ora è impegnato pancia a terra a favore dell’eolico offshore,senza più paletti né limiti: quello che fino al 2020 era un sì condizionato (messo nero su bianco nel manifesto condiviso con Greenpeace Italia, Anev e Kyoto Club, che subordinava ogni progetto alla salvaguardia delle attività economiche e degli ecosistemi marini esistenti) si è trasformato in un sì senza riserve, scandito con campagne di comunicazione e persuasione. Come la tappa di Goletta Verde a Santa Maria di Leuca in questi giorni, per promuovere i progetti degli impianti eolici in mare lungo le coste salentine ed in particolare quello di 90 torri di 300 metri che interessa il tratto da Otranto al Capo di Leuca. Un progetto contro cui mi batto da novembre scorso, in trincea con cittadini e istituzioni del territorio, con ben 72 consigli comunali che hanno deliberato contro questo mega impianto.
Il nostro è un no, non negoziabile, all’installazione di 90 pale alte quasi trecento metri, che la società Odra Energia, col placet di Legambiente, vorrebbe piazzare nel nostro mare ad una distanza che parte da soli 12 chilometri (e non miglia, come dovrebbe essere) dalla costa. Quei mostri galleggianti avrebbero un impatto visivo devastante, sarebbero uno sgorbio costante, visibile da ogni punto della costa e in qualsiasi condizione climatica, sulla linea d’orizzonte che consente di spingere lo sguardo fino alle montagne d’Albania. Incredibilmente, Legambiente sta appoggiando non solo questo, ma anche altri dei 64 progetti presentati al Ministero della Transizione ecologica in risposta al bando sull’eolico offshore.
“Non è più il tempo di dire no, esclusivamente per l’impatto visivo, con la crisi energetica in atto”: questo è quanto ha dichiarato Legambiente Puglia, facendo leva sullo spauracchio dei rincari dei costi dell’energia per sdoganare progetti inaccettabili sotto il profilo ambientale. Parole che spianano la strada ad una resa incondizionata al risiko dei colossi dell’energia nei nostri mari. Assistiamo ad un testacoda ideologico: l’associazione che bacchettava i Governi sulla programmazione energetica, oggi propone di sacrificare il mare senza neppure considerare siti alternativi e meno impattanti, ignorando il documento sul Piano di gestione dello spazio marittimo della Regione Puglia, che individua le grandi aree portuali per lo sfruttamento del mare a fini energetici, preservando invece le zone di particolare pregio naturalistico e paesaggistico come la costa Otranto-Leuca. Sulla installazione nelle zone portuali non abbiamo alcuna riserva, anzi siamo favorevoli, perché non vanno ad intaccare e compromettere paesaggi incontaminati. Invece Legambiente confonde le acque, assimilando il parco eolico installato nella zona portuale di Taranto agli altri progetti. Non è affatto così: 10 pale alte 40 metri in uno specchio d’acqua già sfruttato a fini industriali, non sono paragonabili a quasi cento pale alte quanto la Tour Eiffel, che andrebbero a sfigurare un tratto di mare dove bellezza e turismo sono i motori dell’economia e vanno protetti. Per questo progetto presentato da Odra Energia siamo ancora in attesa di approfondite valutazioni sugli impatti visivo e acustico, sugli ancoraggi in mare delle torri galleggianti che rischiano di sfregiare i fondali con l’azione di trascinamento dei cavi d’acciaio e dei blocchi di cemento a strascico. Tutto questo avrà ripercussioni sulle attività di pesca in un’area di ben 162 chilometri quadrati. C’è anche da salvaguardare un patrimonio archeologico sommerso, così come gli equilibri già fragili delle specie acquatiche, in una zona dove peraltro migrano molte specie di uccelli. Vanno valutate anche le conseguenze del dirottamento del traffico navale nel Canale d’Otranto, senza dimenticare lo sfregio a terra dovuto al passaggio del cavidotto: le opere di allaccio alla rete elettrica nazionale riguarderebbero 40 chilometri da Porto Badisco a Galatina, un’area di tutela paesaggistica e di pregio archeologico, con dolmen e menhir.
Questo scenario, pieno di insidie che dovrebbero far drizzare le antenne degli ambientalisti, non riguarda purtroppo soltanto le acque da Otranto a Leuca, ma molte altre zone marine della Puglia e dell’Italia intera. Invece, Legambiente lancia slogan come “Liberiamo l’energia del vento, sblocchiamo l’eolico. Il panorama non cambia, il futuro sì”.
E invece no, il panorama cambia eccome, e in modo irreparabile.
Ma evidentemente la tutela del paesaggio e dell’ambiente non è più la priorità di Legambiente, che ha ammainato la bandiera del cigno verde per appiattirsi sui modelli energetici delle multinazionali delle rinnovabili. La domanda è una: cui prodest?